Carbon pricing: è “essenziale” anche per Papa Francesco, ma siamo ancora troppo indietro

Ogni tonnellata di CO2 rilasciata nell’atmosfera dovrebbe costare parecchio, per essere in linea con gli obiettivi internazionali sul clima che puntano a contenere l’aumento medio delle temperature entro 2 gradi centigradi… facile dirlo, molto più difficile metterlo in pratica, come emerge dall’ultimo studio della Banca Mondiale sui sistemi di carbon pricing nei vari paesi.

Anche Papa Francesco è intervenuto di recente sul tema, nell’incontro organizzato dal Vaticano con le maggiori compagnie petrolifere per discutere le possibili soluzioni alla crisi climatica.

Il pontefice ha affermato che una politica del prezzo del carbonio “è essenziale” per impiegare saggiamente le risorse disponibili sul nostro Pianeta; inoltre, ha spiegato che l’uso delle risorse ambientali comuni (neretti nostri, qui il discorso completo) “può essere considerato etico solo quando i costi sociali ed economici del loro uso sono riconosciuti in maniera trasparente e sono pienamente sostenuti da coloro che ne usufruiscono, piuttosto che da altre popolazioni o dalle generazioni future”.

Intanto le iniziative per tassare le emissioni di anidride carbonica stanno crescendo, si legge nel rapporto State and Trends of Carbon Pricing 2019 della Banca Mondiale (allegato in basso), grazie alle 11 nuove misure introdotte nel 2018-2019, di cui ben cinque in province e territori canadesi.

Così a livello globale si contano 57 programmi di carbon pricing attivi/in procinto di essere attivati, tra meccanismi di mercato per lo scambio delle emissioni in uno o più settori (ETS: Emission Trading System, come quello in vigore in Europa per le industrie e l’aviazione) e vere e proprie tasse sul carbonio (carbon tax), queste ultime applicate perlopiù su basi nazionali, mentre gli schemi ETS in alcuni casi si estendono su singole regioni di uno stesso paese.

La mappa seguente riassume l’intero quadro (clicca per ingrandire).

Tuttavia, prosegue il rapporto della World Bank, gli sforzi compiuti finora sono insufficienti perché le iniziative di carbon pricing nel loro insieme arrivano a coprire solo il 20% delle emissioni mondiali di CO2; inoltre, quasi tutte le politiche di questo tipo prevedono prezzi troppo bassi dell’anidride carbonica.

Difatti, oggi meno del 5% delle emissioni globali ha un prezzo che rientra nella “forchetta” compatibile con il raggiungimento dei traguardi climatici: si parla di 40-80 dollari per tonnellata di CO2 equivalente entro il 2020 per poi salire a 50-100 $/tCO2 nel 2030 se si vuole essere in sintonia con gli accordi siglati a Parigi.

Al contrario, circa metà delle emissioni costa meno di 10 $/tCO2.

Anche sull’ETS europeo il prezzo, pur essendo risalito negli ultimi mesi, è ampiamente inferiore al livello richiesto per de-carbonizzare in modo efficace il mix energetico: siamo intorno a 25 euro/tCO2.

Di recente il dibattito sulla necessità di tassare maggiormente l’anidride carbonica ha ripreso piede, anche in Europa grazie alla Germania per includere i settori attualmente non coperti dall’EU-ETS, ma l’idea più ambiziosa di stabilire una politica coordinata su scala internazionale sembra quasi impossibile da realizzare, per una serie di ragioni, come abbiamo approfondito in questo articolo.

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Source: Qualenergia.it

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