La climatizzazione passiva: mito o realtà?

I consumi energetici dovuti alla climatizzazione degli ambienti interni sono in continuo aumento complice anche l’aumento delle temperature medie.

La IEA stima che tra il 2006 e il 2016 il fabbisogno energetico legato alla climatizzazione è aumentato di più del 3% l’anno, attestandosi a circa il 6% dei consumi finali degli edifici.

Entro il 2030 l’agenzia stima un ulteriore aumento della domanda del 60%, collegato sia alla diffusione del benessere nei Paesi emergenti (vedi il caso cinese) sia al riscaldamento globale.

Nel quadro della decarbonizzazione dell’economia globale, perciò, si moltiplicano gli appelli e le iniziative per aumentare l’efficienza energetica media degli impianti, ma non bisogna dimenticare che l’architettura e l’ingegneria mettono a disposizione altre opzioni per ridurre il fabbisogno energetico legato alla climatizzazione degli ambienti interni.

Le alternative possono essere raggruppate in tre diversi approcci:

  • limitare i flussi di calore da fonti interne ed esterne;
  • modulare l’apporto di calore nel corso del tempo;
  • dissipare passivamente il calore in eccesso;

Il primo obiettivo può essere raggiunto sfruttando le peculiarità geografiche (geoambientali) del territorio e l’urbanistica, oppure adottando schemi costruttivi ad hoc.

La vegetazione arborea, ad esempio, può essere un fattore efficace per migliorare il microclima nell’area immediatamente circostante gli edifici, così come, in contesti ad alta densità abitativa, dotare l’edificio di uno schermo vegetale (come nel caso del Bosco Verticale progettato dallo Studio Boeri a Milano).

Nel corso degli ultimi anni, inoltre, l’ingegneria dei materiali ha messo a disposizione dell’edilizia involucri (rivestimenti) adattivi che si ispirano agli organismi biologici e adattano la loro risposta sulla base dei fattori ambientali esterni. Anche in questo caso, l’obiettivo primario è l’ombreggiamento degli edifici nelle ore in cui la radiazione solare è più intensa.

Una struttura più compatta, invece, permette all’edificio di minimizzare il flusso di calore verso l’interno dovuto alla radiazione solare incidente sulle superfici esterne e alla temperatura esterna durante le ore diurne. L’aggiunta di verande, portici o balconi dotati di chiusure termoisolanti, inoltre, aumenta la superficie di scambio termico nel corso delle ore notturne, convogliando oltretutto la brezza all’interno dell’edificio.

Dato che il rilascio del calore accumulato durante il giorno avviene principalmente per convezione piuttosto che per irraggiamento, anche la forma va ad influenzare l’efficienza termica dell’edificio: mura perimetrali curve, infatti, aumentano la superficie di scambio termico durante le ore notturne senza, però, assorbire maggiori radiazioni solari durante il giorno.

La scelta del materiale di rivestimento è una delle variabili più rilevanti, soprattutto in un contesto urbano. Un involucro esterno chiaro limita l’assorbimento della radiazione solare, così come l’adozione di vetri termocromici.

La scelta del colore, infatti, è fondamentale. Studi empirici hanno dimostrato che, in un clima caldo e arido, adottare una colorazione bianca a fronte di una grigia comporta una differenza nella temperatura della superficie esterna anche fino a 40 gradi.

Ovviamente le caratteristiche di conduzione termica del materiale sono fondamentali. Attualmente sono disponibili involucri multistrato che combinano barriere radianti e intercapedini per limitare al minimo il trasferimento di calore dall’esterno all’interno dell’edificio, con prospettive molto interessanti. Lo sviluppo degli idrogel, infatti, è destinato a migliorare l’effetto barriera degli involucri, mentre l’ingegneria dei polimeri renderà i materiali sempre più versatili.

Anche l’architettura vernacolare offre spunti molto interessanti. Da secoli nelle aree più aride e torride del pianeta gli edifici vengono dotati di torri o comignoli di ventilazione (windcatcher) che sfruttano il differenziale di peso specifico per convogliare l’aria calda verso l’esterno e quella fresca all’interno. Dove è disponibile acqua, il ciclo viene potenziato facendo transitare l’aria esterna all’interno di una cisterna sotterranea per diminuirne ancora la temperatura.

Pur non adatte all’edilizia abitativa ad alta intensità, le torri del vento sono un’opzione molto interessante per l’edilizia commerciale e quella pubblica – oltre che per l’edilizia residenziale a bassa intensità abitativa – come dimostrano i progetti e gli studi di fattibilità realizzati nel corso degli ultimi anni.

In definitiva, i dispositivi e le tecniche di raffrescamento passivo non sono soluzioni velleitarie, ma opzioni in grado di tagliare fino al 10% il fabbisogno energetico di un edificio.

E dimostrano che la lotta al cambiamento climatico si svolge tanto nell’ambito applicativo quanto in quello scientifico-tecnologico, nella dimensione micro quanto in quella macro, attraverso il rinnovamento delle culture e dei modelli industriali oltre che dell’apparato normativo dello Stato.

Source: Qualenergia.it

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