Soluzioni per stanze fredde e mezze stagioni: il riscaldamento ausiliario a gas e biomasse (parte 2)

Un riscaldamento ausiliario è quello che viene richiesto per dare maggior comfort termico ad ambienti generalmente piccoli, che non sono raggiunti, o almeno parzialmente, dal sistema di riscaldamento principale di un’abitazione, ufficio o negozio; di solito richiedono calore solo in alcuni momenti della giornata e, per questo gli apparecchi utilizzati hanno piccole potenze.

Dopo aver illustrato nella prima parte della nostra inchiesta i cosiddetti “local space heater” alimentati ad elettricità (Soluzioni per stanze fredde e mezze stagioni: il riscaldamento ausiliario elettrico – parte 1), passiamo a descrivere caratteristiche, prezzi, consumi e specificità di quelli alimentati a gas e a biomasse (pellet, legna e bioetanolo).

Apparecchi a gas

I piccoli apparecchi a gas per il riscaldamento localizzato e supplementare non possono accedere ai vari incentivi fiscali né, tanto meno, ai benefici del Conto Termico.

In alcuni casi un po’ tutti i tipi di caldaiette a gas possono rivelarsi una soluzione utile al posto, per esempio, di un sistema split, qualora non ci sia la possibilità di installare un’unità esterna per motivi di regolamenti condominiali, vincoli architettonici o simili. Con le caldaie, è solitamente necessario un allaccio alla tubazione del gas e degli sfiati esterni e in questi casi l’installazione va fatta fare da ditte con abilitazione DM 37/2008 lettere C-D-E.

Alcune caldaie però funzionano con le classiche bombole a Gpl, hanno un sistema di catalizzazione dei fumi, e quindi non necessitano di sfiato all’esterno o di installazioni particolari. Hanno anche due sistemi di sicurezza: lo spegnimento automatico, nel caso la fiamma si arresti per motivi accidentali, e il sensore della CO2, per rilevare un’eventuale concentrazione eccessiva di anidride carbonica. Il costo può quindi variare abbastanza a seconda che siano apparecchi a bombola o meno, in base alla complessità dei lavori.

Nel caso di allaccio alla rete gas, i costi potrebbero essere un po’ superiori a quelli per la posa di un sistema split, senza però discostarsi radicalmente, quindi, all’incirca 500-700 €, con le possibili diversità dovute alle variabili di mercato menzionate prima. Vista però l’impossibilità di accedere agli incentivi, sembra più probabile orientarsi verso i modelli a bombola, che non richiedono lavori di installazione particolari, e che quindi potrebbero essere più adatti per svolgere funzioni di riscaldamento suppletivo.

È comunque opportuno fare dei controlli periodici ed eventuali manutenzioni per valutare lo stato di usura dei pannelli riscaldanti e dei condotti di portata del gas delle caldaie che usano le bombole, dalle quali potrebbero avvenire delle perdite.

  • Stufa catalitica a gas

Come accennato, questo tipo di stufa non necessita di sfiato esterno. Il monossido di carbonio normalmente rilasciato nella combustione del gas, infatti, in questo tipo di caldaia passa attraverso un catalizzatore, che lo converte in anidride carbonica e vapore acqueo.

Per questo motivo è comunque necessario posizionare la stufa in ambienti ventilati e abbastanza grandi, per consentire il ricambio di aria e l’eliminazione della CO2. Mentre per ovviare alla produzione di vapore acqueo potrebbe essere necessario mettere anche un deumidificatore. Non è comunque consigliata in ambienti tipo le camere da letto. Per via della loro tecnologia, riscaldano per irraggiamento e sono più utilizzate nelle stanze di maggior volume, anche per le loro capacità di riscaldamento e la loro dimensione.

La superficie irraggiante delle stufe a gas catalitiche è costituita da un unico pannello e le potenze più comuni sono di 3-4 kW. I consumi sono di circa 140, 170 e 210 grammi l’ora, rispettivamente, per le intensità minima, media e massima. Una bombola di Gpl da 15 Kg durerà circa tre mesi con un uso giornaliero di un’ora a potenza media. Per coprire gli stessi quattro mesi considerati per gli apparecchi elettrici, ci vorranno quindi circa 1,3 bombole, che ad un prezzo medio stimato di circa 30 euro a bombola fanno circa 40 euro annuali, cui si devono aggiungere circa 5-6 euro di deposito cauzionale per la bombola.

I prezzi di una stufa catalitica a gas con potenza di circa 3-4 kW si aggirano sui 100-150 euro.

  • Stufa a gas a infrarossi

Le stufe a gas a infrarossi non hanno catalizzatore, ma semplicemente i due metodi di sicurezza menzionati sopra. Sarà quindi importante areare adeguatamente gli ambienti. Queste stufe sono voluminose come quelle catalitiche, ma solitamente hanno un’estetica un po’ più curata.

I modelli a infrarossi hanno solitamente una potenza di 4,2 kW e un consumo massimo di circa 300 grammi l’ora. La superficie di irraggiamento è costituita da tre pannelli di ceramica, ognuno con una potenza di 1,2 kW e sono azionabili singolarmente, in coppia o tutti assieme.

I consumi relativi ai livelli minimo, medio e massimo sono, rispettivamente, di circa a 110, 205 o 300 grammi l’ora. Una bombola di GPL da 15 kg durerà circa due mesi e mezzo con un uso giornaliero di un’ora a potenza media, per cubature anche un po’ più grandi rispetto a quelle riscaldabili dai modelli catalitici. Ci vorranno quindi poco più di 1,5 bombole per coprire lo stesso periodo di tempo considerato negli altri casi, ad un costo delle bombole GPL stimabile in poco più di 45 euro annuali, più 5-6 euro di deposito.

I prezzi di una stufa a gas a infrarossi con potenza di 4,2 kW si aggirano sui 60-130 euro.

Apparecchi a biomasse

Ci sono molte stufe a pellet, cippato e legna sul mercato, con la possibilità di accedere alle detrazioni fiscali del 50% in 10 anni per le ristrutturazioni, fino ad un importo massimo di 30.000 euro.

Va precisato anche che, sebbene non sia il caso di interventi di piccolo cabotaggio, in linea di principio le stufe a biomassa possono accedere anche al superbonus del 110%, come intervento trainato, solo rispettando però tutti i criteri della detrazione fiscale del 110%, a partire dal salto di due classi energetiche, ecc. Nell’ambito specifico del riscaldamento ausiliario, che significa quindi per un uso di poche ore al giorno, qui trattato, le caldaie a biomassa non possono accedere al Conto Termico, previsto per potenze ancora maggiori e solo nel caso di sostituzione di impianti preesistenti e non per le nuove installazioni.

  • Stufa a pellet

Le stufe a pellet hanno potenza che vanno solitamente da circa 6 kW fino a circa 30 kW e hanno la possibilità di configurarsi anche come sistema di riscaldamento primario.

Bisogna quindi stare attenti che la potenza non sia sovradimensionata rispetto al volume dell’ambiente che si vuole rendere più confortevole, altrimenti si rischia di ottenere l’effetto opposto, creando una situazione di surriscaldamento poco piacevole. Inoltre, scegliere una stufa a pellet troppo potente per la dimensione dell’ambiente significa costringerla a lavorare sempre a regime minimo. Tale sottoutilizzo rischia di intasare la stufa, richiedendo una manutenzione maggiore.

Anche il tipo di rivestimento della stufa inciderà sulle proprietà riscaldanti. L’acciaio, per esempio, avrà effetti diversi dalla pietra ollare, sia in termini di prezzo d’acquisto che di riduzione del consumo del combustibile, per le proprietà intrinseche di alcuni materiali di accumulare meglio il calore e sprigionarlo nell’ambiente in modo graduale. Le stufe a pellet hanno inoltre bisogno di un’alimentazione elettrica, di una manutenzione più frequente e di una pulizia settimanale o comunque regolare, rispetto alle soluzioni precedenti.

Le stufe a pellet devono essere installate da ditte abilitate e hanno bisogno di una canna fumaria o comunque di un tubo di scarico all’esterno per i fumi. Non esistono infatti stufe a pellet senza tubi di scarico. Come nel caso delle stufe a gas fisse, anche per le stufe a pellet si incorrerà probabilmente in costi di installazione che potrebbero essere un po’ superiori a quelli per la posa di un sistema split, senza però discostarsi radicalmente, quindi, diciamo tra 500 e 700 €, con le possibili diversità dovute alle variabili di mercato menzionate.

Una stufa con potenza massima pari a 6-8 kW consente di riscaldare efficacemente un’intera casa dotata di un isolamento adeguato, quindi ben più di una singola stanza. Bisognerà scegliere una stufa a pellet con un intervallo di potenza quanto maggiore possibile, in modo da poter regolare meglio la temperatura. Una stufa da 6 o 8 kW la cui potenza sia però modulabile da 2,5 a 8 kW consentirà di usarla a potenze medie attorno ai 3,5-4 kW e sarà quindi migliore di una con una modulazione inferiore, garantendo un migliore comfort termico.

Nel caso di una stanza di 20 mq e 2,5 metri di altezza, si userà quindi una stufa da circa 6 kW, con prezzi stimabili fra 650 e 1.500 euro.

Con un serbatoio di pellet di 15 kg si può riscaldare l’ambiente per circa 10 ore a potenza massima, 20 ore a potenza media e 30 ore a potenza minima. Nel caso preso ad esempio precedentemente, si tenderà ad usare una potenza fra minima e media ­– con un’autonomia stimabile in 25 ore per carico da 15 kg. Il prezzo per un sacco di 15 chili va in media tra 5-5,50 euro. I costi saranno quindi legati alla modalità e alle ore di utilizzo della stufa. A questi si dovrà aggiungere un minimo di spesa anche per il consumo elettrico.

  • Stufa a legna

Le stufe a legna sono simili a quelle a pellet per quanto riguarda lo scarico dei fumi, ma per altri versi implicano vantaggi e svantaggi diversi.

Fra i principali, il prezzo d’acquisto delle stufe a legna tende ad essere più basso di quello per le stufe a pellet. Inoltre, quelle a legna non necessitano di elettricità per funzionare e hanno una maggiore durata a parità di carico, poiché il calore viene generato dal letto di brace al termine della combustione, sprigionando calore per altre per 3-4 ore, senza bisogno di aggiungere altra legna. Per contro, le stufe a legna necessitano del controllo della combustione e dell’inserimento manuale del carico di legna da ardere. Inoltre, il riscaldamento non può essere programmato e avviene più lentamente.

Le stufe a legna tendono a costare da un terzo in meno alla metà circa delle stufe a pellet a parità di potenza – diciamo quindi dai 300 ai 1.000 euro per un sistema comparabile con quello sopra descritto. La legna, che potrebbe in teoria essere prodotta anche in autonomia se si ha la possibilità, ha un prezzo di 8 euro un peso di 15 kg nel caso della legna di faggio (in scatola), se acquistata al dettaglio in piccoli volumi.

Con 15 kg di legna si può alimentare la caldaia per circa 34 ore a intensità media.

  • Apparecchi a bioetanolo

I riscaldamenti supplementari a bioetanolo sono indicati principalmente per coloro che privilegiano il design rispetto alle prestazioni energetiche e richiedono una ventilazione/aerazione nella stanza. Possono essere voluminosi e vanno fissati o posati su una superficie piana, tipo un mobile. Come per i camini elettrici, anche per le stufe o i camini a bioetanolo il prezzo può variare molto in base alla dimensione, al fatto che siano a parete o a terra, al design, ecc.

Per potenze attorno ai 3-4 kW i prezzi vanno dai 150 ai 600 euro, cui bisogna aggiungere il bioetanolo, con un contenitore da 25 litri che costa circa 65 euro. Poiché con un litro di combustibile e una regolazione media della fiamma si può alimentare la stufa/camino per circa 5-6 ore, ad sempio per scaldare un ambiente per un’ora al giorno, 4 mesi l’anno, con una regolazione media della fiamma, si consumeranno circa 22 litri di etanolo, al costo di circa 57 euro l’anno.

Vedi anche: Soluzioni per stanze fredde e mezze stagioni: il riscaldamento ausiliario elettrico – parte 1

Conclusioni sui radiatori locali

In base ai costi di massima per l’acquisto e la gestione di tutte le alternative trattate nella prima e seconda parte della nostra inchiesta, appare abbastanza chiaro che, dal punto di vista della convenienza economica e dell’efficienza energetica, gli apparecchi ad alimentazione elettrica offrano la soluzione più vantaggiosa, flessibile ed adattabile alle varie necessità sia funzionali che estetiche.

Le soluzioni a biomassa sono indicate soprattutto nei climi più freddi e in presenza di ambienti più grandi da riscaldare, nonché di una maggiore facilità di approvvigionamento, anche naturale, e stoccaggio di pellet e legna.

Le soluzioni a gas mantengono una loro logica in circostanze relativamente limitate, mentre quelle a bioetanolo rispondono più a criteri estetici e di atmosfera, che non squisitamente energetici.

Da un punto di vista della sostenibilità climatica e ambientale, come raccontato in un precedente articolo, vale infine la pena ricordare che le alternative fossili al riscaldamento a biomasse sono di notevole impatto a livello climatico.

Ad esempio, per ogni MWh di energia primaria prodotta, il Gpl emette 270 kg di CO2 equivalente, il metano ne emette 250 kg, mentre i pellet solo 29 kg e la legna da ardere 25 kg di CO2 equivalente, anche se queste ultime fonti hanno un impatto più alto in termini di inquinamento atmosferico locale, per una maggiore emissioni di particolato.

Qui di seguito, una tabella riassuntiva delle soluzioni descritte, per apparecchi di riscaldamento suppletivo e localizzato di taglia massima attorno ai 4-5 kW, con un profilo di consumo di un’ora al giorno per quattro mesi l’anno.

Per fare una stima basata su due o tre ore di utilizzo giornaliero per gli stessi quattro mesi, basterà raddoppiare o triplicare le stime dei costi di esercizio.

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Source: Qualenergia.it

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