Catasto, la riforma deve aspettare ancora

In questi anni, sono state tante le iniziative intraprese dalle autorità statali per cercare di semplificare il rapporto tra gli italiani e la Pubblica Amministrazione ed in particolare anche con quella connessa agli immobili ed al settore edilizio. Da qui, ad esempio, l’uso di servizi telematici, come il catasto online, per la ricerca di informazioni inerenti la situazione catastale di varie strutture abitative oppure direttamente l’acquisto di mappe catastali da poter scaricare sul proprio computer di casa.

Una serie di iniziative che hanno semplificato e migliorato tanti aspetti di questo settore importante. Una grande riforma che resta invece in attesa da anni è proprio quella del catasto. Un timido tentativo era stato accennato sia in questi anni che proprio recentemente dal governo Conte. L’idea della riforma del catasto è stata tuttavia subito messa da parte per svariate ragioni.

Il tentativo fallito del governo Conte

Tra i tanti punti inseriti nelle prime bozze della nota di aggiornamento all’importante Documento di Economia e Finanza (denominato con l’acronimo Nadef) era stato inserito anche un eventuale disegno di legge riguardante proprio la riforma del catasto. Come successo negli anni precedenti, però, è stato immediatamente cancellato, facendo addirittura intervenire sull’argomento un esponente del governo Conte che ha escluso categoricamente un’iniziativa di questo genere.

Un provvedimento atteso da anni dall’Unione Europea

La storia di questa attesa riforma è davvero lunga e complessa. L’Unione Europea ha chiesto ormai da anni un intervento del nostro Paese per un aggiornamento e riequilibrio dei valori catastali degli immobili, che essendo ormai fermi da un ventennio, risultano inferiori in media del 50% rispetto al valore reale ed attuale, naturalmente con alcune variazioni in base alla località geografica e alla posizione più centrale o periferica dei singoli immobili. Ciò che chiede quindi l’UE è un riallineamento dei valori catastali a quelli veri di mercato.

I vari governi italiani nel corso del tempo avevano raccolto questa raccomandazione e l’avevano inserita in diversi documenti economici programmatici, ma senza mai averli concretizzati in alcun disegno di legge o proposta di alcun tipo. Un’ipotesi di intervento venne fatto tra il 2015 ed il 2016 dall’allora governo Renzi, ma venne subito messo da parte. E poi ancora nel 2017,  con il medesimo risultato.

Le ragioni della mancata riforma

Il problema maggiore che si cela dietro questo provvedimento è che un aggiornamento dei valori catastali provocherebbe un incremento delle imposte sugli immobili. In particolare, il nodo cruciale è l’invarianza di gettito, infatti le nuove rendite ed i valori catastali riequilibrati e che si utilizzano rispettivamente per le imposte sui redditi (ad esempio l’Irpef) e per quelle sulla proprietà (come l’Imu) determinerebbero un riaggiornamento verso l’alto di queste ultime e quindi un incremento generale delle tasse gravanti sulla casa.

In altre parole, pur essendoci differenze e squilibri consistenti (dovuti ad un sistema ormai risalente agli anni ‘40), nel caso si attuasse un rinnovamento di valori e rendite catastali degli immobili, ciò avverrebbe per la maggior parte dei casi con un aggravio economico per i proprietari e soltanto in rare circostanze essi otterrebbero una riduzione.

Di conseguenza, per non far incrementare le imposte relative, queste ultime dovrebbero essere riaggiornate su nuove basi imponibili e questo coinvolgerebbe la quasi totalità dei Comuni italiani (soprattutto per quanto riguarda l’Imu ad esempio) e quasi sicuramente ci sarebbero nuove ulteriori tasse.

La contrarietà di Confedilizia

A questo accennato tentativo di riformare il catasto ha risposto immediatamente Confedilizia, per mezzo del suo presidente Spaziani Testa, lamentando il fatto che nel periodo 2012-2019 gli italiani hanno pagato circa 183 miliardi di Euro per la tassazione sulla casa sotto forma di Imu e Tasi. Di conseguenza, la priorità per il governo dovrebbe essere quella di ridurre tale pesante aggravio, anziché pensare di aggiornare il catasto, con l’effetto in realtà di incrementare ulteriormente tale tassazione.

Riforma del catasto, a chi conviene?



Source: ProgEdil

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