Rinnovabili e consumo di suolo: se mancano gli spazi cerchiamoli in acqua

Per raggiungere l’obbiettivo della produzione del 100% di elettricità rinnovabile ci vorranno molte decine di milioni di impianti. Il numero sarà ancora maggiore se l’obbiettivo verde si estenderà a tutti i consumi energetici.

Da qui una riflessione sulla necessità di ridurre i consumi, non solo grazie ad interventi di efficienza, ma anche adottando modelli di vita più sobri.

Rimane comunque la necessità di cercare di contenere il consumo di suolo. Una delle possibili soluzioni, già ampiamente utilizzata, riguarda l’eolico in mare aperto e la realizzione di impianti fotovoltaici bacini.

L’eolico offshore e la tecnologia flottante

L’energia eolica offshore si è sviluppata nel Nord Europa e vede promettenti sviluppi anche in Cina. In realtà il potenziale globale è enorme e la sua diffusione nel medio e lungo periodo sarà molto ampia.

In Europa sono funzionanti 20.000 MW, mentre le installazioni in Cina superano i 4 GW.

La potenza dei futuri aerogeneratori è di una decina di MW, ma si punta ormai a macchine di 15-20 MW.

L’Europa possiede eccezionali risorse e, secondo la IEA, l’eolico in mare potrebbe diventare la principale fonte di produzione di energia elettrica in Europa entro una ventina di anni.

Interessante il caso della Polonia, che al momento non ha alcun impianto, ma che potrebbe progressivamente eleminare le centrali a carbone proprio grazie all’eolico off-shore.

Le installazioni non si sono fermate neanche durante la pandemia. Anzi, gli investimenti sono più che quadruplicati nella prima metà del 2020 rispetto al 2019 grazie al continuo calo dei costi e alla corsa prima della cessazione dei sussidi cinesi alla fine del 2021.

C’è poi una novità, la tecnologia flottante che consente installazioni in acque profonde anche centinaia di metri, che è destinata ad accelerare ulteriormente il contributo dell’eolico.

Le prime sperimentazioni sono state avviate dalla compagnia petrolifera norvegese Statoil/Equinor che ha sfruttato il know-how acquisito con le piattaforme petrolifere.

Il costo della tecnologia flottante è ancora molto elevato, ma si pensa che anch’esso calerà rapidamente. Ne sono certi gli investitori che si sono lanciati in una corsa, che al momento vede progetti per ben 26.000 MW.

I parchi eolici flottanti potranno essere collocati a 30-40 km dalla costa, consentendo di minimizzare gli impatti visivi, fattore che ha a lungo bloccato i progetti negli Usa.

Stupisce che in Italia si trovino oppositori tra gli amministratori di alcune Regioni, coma la Sardegna e l’Emilia Romagna, mentre è confortante l’appoggio degli ambientalisti.

Il fotovoltaico sull’acqua

Vi è un’altra applicazione interessante per la riduzione del consumo di suolo.

Parliamo degli impianti fotovoltaici realizzati in bacini d’acqua, canali di irrigazione e tratti di mare. Una soluzione che consente anche di aumentare la resa dei moduli per l’abbassamento della temperatura e di ridurre l’evaporazione.

Ci sono molti piccoli impianti in funzione e ormai vengono realizzate anche centrali di notevoli dimensioni.

A Piolenc, nel Sud della Francia, è stata inaugurata la più grande centrale solare galleggiante d’Europa. Si tratta di un impianto da 17 MW che occupa un terzo di un lago artificiale creato su un’ex cava mineraria.

E sempre sull’acqua che ricopre l’area di un’ex miniera di carbone è stato realizzato il più grande impianto fotovoltaico galleggiante in funzione sulla scena internazionale. Siamo in Cina, nella provincia di Qinghai, e la centrale copre una superficie di 23 kmq con una potenza di 850 MW.

Record che verrà battuto dalla Corea del Sud che sta pianificando una megacentrale solare da 2.700 MW all’interno di un tratto di mare protetto da una diga.

Vi sono poi i bacini delle dighe idroelettriche, il cui potenziale è gigantesco. Secondo una ricerca del National Renewable Energy Laboratory del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, utilizzando il 20% delle superficie idrica di questi invasi si potrebbe, cautelativamente, generare una quantità di elettricità pari al 14% del consumo elettrico mondiale.

Abbiniamo il solare all’agricoltura

E passiamo ad un’interessante soluzione che consente di ottimizzare l’uso del suolo accoppiando la coltivazione di prodotti agricoli alla realizzazione di impianti fotovoltaici, spesso ad inseguimento con i moduli a diversi metri di altezza.

La soluzione è ancora più efficace quando si parla di terreni abbandonati o aridi.

Un esempio interessante viene dalla Cina dove da cinque anni il gruppo Baofeng gestisce 107 kmq di terreno desertificato nella provincia di Ningxia. Ha iniziato piantando erba medica per preparare il suolo e quindi ha realizzato una centrale fotovoltaica da 640 MW con una coltivazione di bacche di goji con irrigazione a goccia posta al di sotto dei moduli solari. La zona ha pochissime precipitazioni e si sfrutta il fatto che centrale solare riduce di un terzo l’evaporazione. I risultati sono stati interessanti con un aumento dell’85% della copertura vegetale e un miglioramento dell’ecosistema della regione.  Si sono diffusi piccoli animali selvatici come passeri, lepri e fagiani e si è riusciti a far rivivere una distesa desertica.

La centrale cinese non è un caso isolato e si stima che attualmente siano in funzione nel mondo 3.000 MW di impianti agrofotovoltaici.

Le soluzioni sono molto diversificate. Ci sono piccoli sistemi di qualche MW, come quelli sperimentati da BayWa r.e. in Olanda per coltivare lamponi con moduli solari semitrasparenti.

E c’è chi, come la tedesca Next2sun, ha sperimentato installazioni solari verticali con moduli bifacciali orientati est-ovest (invece che a sud) per generare più energia nelle ore di punta mattutine e serali. Una soluzione che sarebbe molto utile in luoghi come la California con un forte picco della domanda nel secondo pomeriggio.

E anche in Italia diversi progetti sono in pista, anche dell’ordine di decine di MW.

Articolo tratto dal rapporto GreenItaly 2020 realizzato da Symbola e Unioncamere.

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Source: Qualenergia.it

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